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Krugman è Dio e Vendola il suo profeta. La ‘sinistra di Vasto’ scava la fossa all’Italia

– In un recente intervento sul New York Times il Premio Nobel Paul Krugman ha sostenuto che sarebbe deleterio continuare a succhiare sangue (come praticato dai medici nell’antichità con la tecnica del salasso) dal “corpo” degli Stati Uniti. Il problema è che questa affermazione potrebbe essere equivocata. Si è portati a pensare che l’economista facesse riferimento al fatto che non è più possibile ‘succhiare’ soldi dai contribuenti americani con ulteriori tasse. E invece no. Krugman si riferisce alla spesa pubblica: vorreste tagliare altri vigili del fuoco?

I keynesiani come Krugman, nel sostenere il big government e il public spending, non tengono conto dei fattori storici e per così dire “umani” che spingono a guardare con sospetto e non con fiducia alle virtù della spesa e dell’intermediazione pubblica . Le grandi macchine statali dell’Occidente sono inefficienti, lente, inique e corrotte. Gli Stati dell’Occidente devono competere con paesi che hanno più “fame” e che non si attendono dallo Stato i livelli di benessere a cui aspirano. Tutti i paesi sviluppati devono tenere a mente questa lezione. E il nostro in particolare.

Le politiche fiscali sono esose nell’esigere e non altrettanto generose nel dispensare. Molte tasse e pochi e pessimi servizi. Avete presente la curva di Laffer? E’ una delle tante curve (questa ha la forma di una campana) che si studiano in economia e dice una cosa interessante: l’economia di un paese ha la necessità, per funzionare e svilupparsi, di un minimo di infrastrutture pubbliche come le strade, la rete elettrica, un apparato giudiziario che tuteli il sistema delle relazioni commerciali e i suoi attori, ma se la struttura pubblica cresce a dismisura l’economia ne viene al contrario rallentata e soffocata. Qual è il livello ottimale della spesa pubblica? Negli anni 60, durante il boom economico, la spesa pubblica italiana era al 30% del PIL. Perché non ipotizzare un ritorno a quei livelli?

Una spesa pubblica al 52% come quella attuale ci sta portando diritto verso il default. E non è un’esagerazione. Per tornare agli esempi di tipo medico amati da Krugman, la spesa pubblica è una grande metastasi, le cui cellule malate prendono il posto di quelle sane. Si mangia l’economia privata, non si limita a tosarla come le socialdemocrazie “buone” suggerivano di fare con la pecora del libero mercato. Di cosa si nutrirà la spesa pubblica se annienterà le aziende?

E’ apprezzabile che, negli Stati Uniti, Warren Buffet abbia deciso di immolarsi sull’altare delle tasse, ma nemmeno se si confiscassero tutti i beni di tutti i tycoon e ricconi americani si tapperebbe la falla generata dallo spendaccione Obama. Nessuna patrimoniale può saziare uno Stato supervorace. I dipendenti pubblici italiani ammontano a 3,6 milioni, ovvero un dipendente pubblico ogni 16 abitanti; i loro stipendi sono aumentati più del doppio rispetto a quelli dei lavoratori privati, ma questi aumenti non hanno remunerato un incremento di produttività, al contrario. Dobbiamo ridurre subito questo numero o fra breve qualcuno ce lo imporrà forzosamente. Ma allora, come sta accadendo in Grecia, sarà troppo tardi. E dobbiamo alzare l’età della pensione a 67 anni  per uomini e donne, perché la speranza di vita della popolazione è aumentata. Non è neppure un sacrificio. Frustra le attese di quelli che pensano che il sistema pensionistico possa essere un paese dei balocchi, questo sì, ma non crea nessun danno sociale. Dobbiamo imporre che gli acquisti della P.A. rispondano al criterio dell’economicità, con particolare attenzione al settore della Sanità. Dobbiamo diminuire il numero degli enti locali e portare a zero quello degli enti inutili.

Quale governo è in grado di prendere decisioni così drastiche e impopolari? Forse il ‘trio di Vasto’ , Bersani – Di Pietro – Vendola? Ma se Vendola è per il “reddito minimo garantito”! Non per un sussidio per chi perda il lavoro, ma per uno “stipendio pubblico” per chi non lavora! E Di Pietro è un campione della demagogia economica, quanto di quella giudiziaria. E quanto a Bersani, è il capo di un partito che, come ha scritto Michele Boldrin, propugna

un “keynesismo cialtrone” il cui fondamento analitico è l’assurdità secondo cui è dalla sempre maggiore spesa pubblica che viene la crescita economica sostenuta, non dai guadagni di produttività delle imprese fra loro in concorrenza.

Se l’attuale governo si è dimostrato liberista solo a parole, come sarebbe mai un governo di centro-sinistra che è culturalmente incline a politiche di deficit-spending? E come potrebbe un governo tecnico, di larghe intese, di salute pubblica, di solidarietà nazionale, o comunque la fantasia ci porti a chiamarlo, imporre le misure “antisociali” che sono necessarie, senza una legittimazione democratica e senza una vera ed autonoma forza politica?

E il Terzo Polo? Vuole provare (finalmente) a fare quello che il centro-destra ha inutilmente e troppo a lungo promesso o si accontenta di aiutare il Paese a passare dal male di Berlusconi al peggio della sinistra?


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